Fiammiferai
Giulia Poppi, Lorenzo Lunghi e Bekhbaatar Enkhtur
05/05/2023 – 01/09/2023
Testo di Gabriele Tosi
“La luce in ogni aspetto del suo essere è in relazione con qualcosa d’altro, poi segue un ultimo cammino, che conduce alla possibilità di perdere ciò che è per vagare nel vuoto. Questo vagare è immagine di una realtà quasi impossibile” (Lo Savio).
Fuocherello è un luogo architettonicamente sospeso fra la dimensione terrena del laboratorio della fonderia e quella remota offerta del panorama alpino. Con gli occhi rivolti alla terra e al cielo si percepisce che la stanza è invasa di una fitta luce che pare emanare una strana elettricità. In questo scenario, dove le cose più tangibili sono quanto mai eteree, si collocano con spontaneità le opere di Bekhbaatar Enkhtur [Ulaanbaatar, Mongolia, 1994. Vive a Torino], Lorenzo Lunghi [Crema, Italia, 1993. Vive a Milano] e Giulia Poppi [Modena, Italia, 1992. Vive a Francoforte].
“Mi piace che ci sia un legame sensuale con le cose, un’empatia fisica. E mi interessa molto il fatto che un’opera generi prospettive anomale” (Poppi, Verini). Il colore, nelle Caravelle di Giulia Poppi, ha il ruolo di animare la resina e farla assomigliare a una medusa che nuota a pelo d’acqua. Le caravelle portoghesi, organismo acquatico da cui queste opere prendono il nome, sono esseri trasparenti e velenosi. La loro fluidità immerge l’intorno della galleria nell’oceano e induce un cambiamento di stato nella percezione dell’ambiente. Con atteggiamento alchemico e climatico, la scultura rende percepibile l’aria e la trasforma in acqua. Come accade per l’altra Medusa, pietrifica un essere vitale fermando il fascino e il mistero di una sostanza mutevole. “Le mie sculture sognano di ballare come animali marini e avere il suono di un’onomatopea. Possono essere rigide membrane o morbidi gusci. Alle volte penso alle sculture come fossero immagini in movimento. La materia, ambigua e genuina, può cambiare rapidamente” (Poppi). Le Caravelle di Poppi possono essere intese come vetrate senza architettura o struttura, come panneggi pittorici che poggiano su piccoli piedi di piombo. La strana dimensionalità di questi oggetti s’inserisce in una ricerca scultorea che tiene a mostrare in maniera cruda un afflato che attraversa la materia grezza, ricollocando le cose di questa realtà in una prospettiva olistica e trascendentale.
“Se il gotico è la spinta degli artefatti a trascendere la materia che li compone per farsi vettori di entità metafisiche, la cibernetica è la disciplina che, per prima, ha saputo riconoscere agli oggetti tecnologici una forma di autonomia rispetto ai loro creatori umani. Nel cybergotico, le tecnologie smettono di essere l’espressione della razionalità umana per trasformarsi in incantesimi, rituali pre-moderni capaci di proteggerci ma anche di veicolare i bisbigli di forze sconosciute” (Tripaldi). L’anima invisibile rivelata dai dispositivi di Lorenzo Lunghi è elettrica, la presenza della scultura racconta le onde magnetiche e tecnologiche che attraversano lo spazio e i corpi di chi lo abita. Le opere sono poste asimmetricamente nell’architettura di Fuocherello, creando una scenica satellitare. Microflame (SKY, Power, Trust) è collocata in alto, dove si aggrappa alla struttura di supporto del muro in cartongesso. In questo assemblaggio, l’artista deforma alcuni trasformatori di corrente ibridandoli a pungenti elementi metallici, dando immagine a un cosmo di antenne fantascientifiche e punteruoli primitivi che prendono le mosse dagli scenari epici sigillati dagli altisonanti nomi degli apparecchi domestici (Cielo, Potere, Fiducia). In basso, invece, la scultura in alluminio Microflame
(Binaural Version) si attacca a una presa dell’impianto elettrico della galleria ponendosi come opera parassitaria e site-specific. Un semplice meccanismo celato dalla fusione in alluminio scambia la corrente alternata in continua. Sulla punta dell’oggetto è visibile l’elettricità che scorre, ci si potrebbe accendere un fuocherello. “Uso molto la narrazione e tante volte è l’oggetto stesso a raccontarsi, si libera nel suo sentire computazionale e razionale per essere estremamente sensibile” (Lunghi, Boemio). Nel sistema scultoreo presentato da Lunghi a Fuocherello, gli apparati rielaborano la natura ipertecnologica in una prospettiva di esistenzialismo rudimentale.
“La tensione all’effimero e all’impermanenza è forse il carattere centrale della ricerca di Enkhtur che, paradossalmente, tanto più produce, quanto più tenta di non lasciare tracce”(Camprini). Stendendo un velo di cera d’api sul muro della galleria e poi grattando via Bekhbaatar Enkhtur intende aprire un varco materico in una superficie solida e rivelare una presenza. L’artista, che ha fra i suoi modi quello di “accentuare la materialità dell’opera per creare l’illusione della sua smaterializzazione” (Balbi), utilizza la capacità del linguaggio visivo di tracciare storie che non abitano il mondo materiale. In Enkhtur la rappresentazione è sempre uno sguardo in un universo fantastico e parallelo, richiamato in questa realtà attraverso portali dimensionali. Ecco perché la linea del paesaggio disegnato è posta in flebile continuità con quella delle montagne reali, dando l’illusione di uno sdoppiamento. Nella pratica di Enkhtur sono consueti i rimandi non canonici alla cultura visiva di provenienza. Il disegno di Fiammiferai, così conservato ed evocato dietro la pelle cerulea, rappresenta Erlik, dio della morte nella mitologia mongola. Enkhtur lo mostra sdraiato, collocando la divinità in un momento ambiguo e (dato il soggetto) un po’ comico, tra sonno e trapasso. Attenti quindi a non svegliarlo, a non attraversare le soglie che le immagini mostrano.
La materica e organica opera di Enkhtur, ponendosi come scenario dell’intera mostra, conferma come gli artisti di Fiammiferai, che condividono una generazione e un’area geografica, cerchino contatti elementari e primitivi con la materia per innescare un supplemento percettivo di conoscenza. Manipolando le convinzioni del reale e del presente attraverso una nuova narrazione delle sue strutture – siano esse materiche, tecnologiche o architettoniche – gli artisti stanno cercando nuove vie d’accesso al trascendente, alle profondità umane, al vitale e al fantastico. Il loro modo di lavorare, che definirei arte remota, è in sostanza un’operazione sulla percezione del presente che utilizza lo slancio dell’illusione per creare un contatto con ciò che sarebbe altrimenti distante e irraggiungibile. Sconfessando la corporeità di ciò che è tangibile e riscrivendone la funzione, gli artisti transitano la verità della materia reale a quella remota, ponendo la narrazione su piani mitologici, fantastici e leggendari eppure anche veri, rudimentali, ludici ed essenziali. In questa prospettiva Erlik, la caravella portoghese, SKY, non sono solo identità lontane ma mostri o amici che potremmo incontrare nel cammino. Loro, infatti, viaggiano senza bisogno del corpo.
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★ Balbi, Lorenzo. “Bekhbaatar Enkhtur.” Nuovo Forno del Pane. A Logbook. Ediz. italiana e inglese, a cura di Caterina Molteni, MAMbo, 2021.
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★ Camprini, Enrico. Immaginare per davvero. Testo della mostra “Bekhbaatar Enkhtur – Imagining for Real”. Roma, Galleria Materia, 2023.
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★ Lo Savio, Francesco. Introduzione, catalogo Galleria d’Arte Selecta. Roma, 1960.
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★ Lunghi, Lorenzo, and Camilla Boemio. “HYBRIDARCHIPELAGO » Intervista a Lorenzo Lunghi.” formeuniche.org,
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★ Poppi, Giulia. “Statement.” Giulia Poppi, https://www.giuliapoppi.com/bio-giulia-poppi.
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★ Poppi, Giulia, e Saverio Verini. “Studio visit. Parola all’artista Giulia Poppi.” Artribune, 2022. Artribune,
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★ Tripaldi, Laura. “Oracoli cybergotici. Una Conversazione con Lorenzo Lunghi.” Flash Art, vol. #359, 2022.