Culmi

Oscar Kargruber, Giulia Guidi and Henry Turner

11.05.2024 ~ 01.09.2024

 

Il culmo è lo stelo delle graminacee, il fusto della spiga di frumento. Il nome richiama una cosa essenziale e antichissima alla base della vita umana come il pane e all’origine dello sviluppo delle civiltà come l’agricoltura. Gli artisti stessi hanno scelto il nome della mostra ed io credo non avrebbero potuto scegliere una parola migliore.

Un candore consapevole e dal sorriso ironico illumina la produzione di questi tre artisti, immuni da quello sguardo cinico che ammorba il mondo contemporaneo. Si dimenticano di essere figli del loro tempo, ed in questo senso davanti alle loro produzioni, ho la sensazione di incontrare qualcosa di sacro, di atemporale e di antico. La manualità gioca un ruolo fondamentale nelle loro opere e un pò come succede in Beato Angelico ogni gesto sembra diventare una preghiera. 

Le  scene ancestrali di Henry dipinte come si dipinge un’icona, raccontano di corpi che attraversano abiti delle più incredibili fogge e tradizioni rituali, scene grandiose di un’umanità sepolta, dove il sacro abitava la quotidianità. Ma a ben guardare quegli edifici grandiosi sono formicai e di nessun uomo si vede un volto. Non appaiono mai volti, per quanto uno possa sforzarsi di entrare nel dettagliato universo di Henry, quasi l’individualità e l’ego venissero espresse attraverso esoscheletri raffinati e colorati rivelando corpi in decomposizione in architetture simili a quelle delle zoroastriane Torri del Silenzio. 

Anche i gesti di Giulia, portano indietro nel tempo. Gli intrecci di aghi di pino su una zanzariera lasciano addosso la stessa sensazione di quando rientrando in casa dopo una passeggiata nel verde ritroviamo incastrati nella trama dei calzini semi e pezzi di quella natura che abbiamo lasciato fuori, di là della zanzariera. Anche le centinaia di disegni realizzati da Giulia per animare un guanto (che altro non è che il vestito di una mano) vengono rivelati attraverso il primo strumento messo a punto per ritrarre la luce in movimento: il proiettore. Una macchina grossa, rumorosa e pesante per visualizzare un guanto che, vuoto, si agita nel vento.

Oscar che cerca di sovrapporsi alle montagne visibili all’orizzonte di via XXV Aprile, si cimenta in un gesto che mi ricorda i disegni delle grotte di Lascaux, dove i cacciatori sacerdoti rappresentavano i bisonti e le loro prede in un gesto magico, per coglierne lo spirito e per tracciarne le forme per possederle anche nella realtà. Intagliate nel legno, materiale caro ad Oscar, abbiamo poi scene di caccia dai connotati grotteschi e brutali dove qualcosa di inquietante sta accadendo nel gioco di potere ambiguo dei tre protagonisti.

Le immagini evocate da questi tre artisti sono poetiche, sono domestiche e sono ricche di luoghi comuni che nelle loro mani però vengono riconfigurati e trasformati, magia di un quotidiano arcaico.  

 

Giulia Poppi